Tamira
Timira è un romanzo meticcio che mescola memoria e documenti d’archivio, invenzione letteraria e verità storica, scritto a sei mani da un trio narrante altrettanto meticcio: un’attrice italosomala di ottantacinque anni, un plurilaureato di Mogadiscio con due cittadinanze e un cantastorie italiano dal nome cinese.
In uno dei capolavori del neorealismo, Riso Amaro di Giuseppe De Santis, oltre a Silvana Mangano in hot pants, compare una strana mondina dalla pelle scura. Dice poche battute, poi scompare.
Alcuni mesi dopo, ricompare come schiava africana in Fabiola, un peplum di Alessandro Blasetti datato 1949.
In quello stesso anno, la compagnia teatrale di Tatiana Pavlova, porta in tournée il dramma Lunga notte di Medea di Corrado Alvaro. Nel ruolo di Layalé, la schiava nera di Medea, recita la stessa attrice: Isabella Assan.
Ma Assan non è il suo vero cognome. E’ il nome di sua madre, Ashkiro Hassan, una donna somala del clan degli Habr Ghidir. Isabella non la vede da quando aveva due anni.
1927. Somalia Italiana. Giuseppe Marincola è un maresciallo di fanteria e le sue giornate sono simili a quelle degli altri commilitoni: al mattino addestra un manipolo di dubat, al pomeriggio spara sulle tribù ribelli, di notte fa l’amore con una ragazza del posto. Tra una spedizione punitiva e l’altra, gli nascono due figli, ma a differenza dei suoi commilitoni, Giuseppe decide di riconoscerli, di battezzarli e di farli crescere in Italia, dove trova rapidamente una donna da sposare
Giorgio e Isabella diventano così due marziani a Roma, black italians negli anni di Mussolini, dell’Impero e delle leggi razziali.
4 maggio 1945. Val di Fiemme. Tra i cadaveri dell’ultima strage nazista sul territorio italiano, viene trovato il corpo di un ragazzo di colore. Ha sulla pelle il marchio del lager di Bolzano e molti pensano si tratti di un soldato anglo-americano.
Giugno 1945. Due amici di Giorgio Marincola danno a Isabella la notizia che il fratello è morto, in Val di Fiemme, mentre con altri partigiani cercava di disarmare una colonna di SS.
Settembre 1990. Antar Mohamed prepara le carte per ottenere la cittadinanza italiana. Dichiara di essere figlio di un’italiana, Isabella Marincola, ma c’è un problema. Sul suo certificato di nascita compare un altro nome, Timira Hasan.
Maggio 1991. L’ambasciatore Sica fa rimpatriare dalla Somalia in guerra l’ultima cittadina italiana rimasta a Mogadiscio. Dal passaporto risulta chiamarsi Isabella Marincola, ma in altri documenti compare come Timira Hasan. In Italia ha un figlio, ma non ha una casa.
Timira racconta l’avventura di Isabella Marincola proprio a partire da qui, dal suo essere profuga in un paese in bilico, l’Italia del biennio ’91/’92. (tratto dal blog di WU MING)
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